Community diabete a Milano: la voce dei pazienti, la forza del gruppo
Community diabete a Milano: la voce dei pazienti e la forza del gruppo. Incontri ibridi, supporto pratico, tecnologie e benessere. Unisciti a Casa Diabete.
Community diabete a Milano: la voce dei pazienti e la forza del gruppo. Incontri ibridi, supporto pratico, tecnologie e benessere. Unisciti a Casa Diabete.
Dalle linee guida internazionali alle scelte di ogni giorno: farmaci, tecnologie, stili di vita e presa in carico territoriale per le persone con diabete a Milano.
La Giornata Mondiale del Diabete (14 novembre) è il momento chiave per informare, prevenire e promuovere diagnosi e cura del diabete.
A Milano città con una rete sanitaria, universitaria e associativa tra le più dinamiche in Italia parlarne significa salvare tempo di diagnosi, complicanze e qualità di vita.
In questo articolo spieghiamo perché la giornata conta, cosa fare nell’immediato, e come trasformare la consapevolezza in azione concreta tutto l’anno.
Consapevolezza che anticipa la diagnosi
Molte persone convivono con iperglicemia non diagnosticata. Segnali come sete intensa, minzione frequente, stanchezza, calo ponderale improvviso, vista offuscata meritano attenzione e un semplice controllo della glicemia.
Prevenzione possibile (soprattutto nel tipo 2)
Stile di vita attivo, alimentazione equilibrata, sonno adeguato e gestione dello stress riducono il rischio e migliorano il compenso glicemico. La giornata è l’occasione giusta per fissare obiettivi realistici e misurabili.
Cura che evolve
Tecnologie (sensori CGM, microinfusori, sistemi ibridi ad ansa chiusa) e farmaci di nuova generazione hanno cambiato la gestione quotidiana. Informarsi correttamente evita aspettative sbagliate o paure infondate.
Lotta allo stigma
Parlare di diabete significa anche riconoscere il disagio emotivo legato alla malattia, promuovere linguaggio rispettoso e combattere fake news, dall’“insulina che crea dipendenza” ai “rimedi miracolosi”.



Ecosistema clinico–scientifico: ospedali, IRCCS, università e centri di diabetologia con percorsi integrati (nutrizione, piede diabetico, gravidanza, psicologia).
Rete territoriale: MMG, farmacie, servizi infermieristici di prossimità, associazioni pazienti.
Innovazione e tecnologia: disponibilità di trial, dispositivi e formazione digitale.
Parlarne a Milano significa facilitare l’accesso ai percorsi giusti e ridurre le disuguaglianze tra quartieri e fasce sociali.
Il diabete è anche emozioni: paura dell’ipoglicemia, frustrazione per le misurazioni, stanchezza da trattamento. Normalizzare il diabetes distress e chiedere supporto psicologico migliora aderenza e qualità di vita.
La Giornata Mondiale è lo spazio per dirlo ad alta voce.
Promesse assolute (“cura definitiva in 30 giorni”).
Demonizzazione/idealizzazione di singoli alimenti.
Testimonianze senza dati e link a shop non trasparenti.
Assenza di marchi CE/FDA per i device.
Regola d’oro: se sembra troppo bello per essere vero, probabilmente non lo è.
Call to action
Vuoi partecipare a una sessione informativa gratuita, organizzare un incontro nella tua scuola/azienda o prenotare uno screening? Contatta Casa Diabete – Milano: ti aiutiamo a scegliere il percorso più adatto.
La Giornata Mondiale del Diabete serve davvero?
Sì: aumenta diagnosi precoci, adesione a programmi di prevenzione e uso consapevole della tecnologia.
Non ho sintomi: devo controllarmi?
Se hai fattori di rischio o familiarità, sì. Molti casi di tipo 2 sono asintomatici per anni.
Il sensore glicemico è per tutti?
È utilissimo in molte situazioni, ma la scelta va personalizzata con il team curante.
Posso “guarire” dal diabete?
Il tipo 1 richiede insulina a vita; nel tipo 2 sono possibili remissioni con interventi intensivi, ma servono monitoraggio e follow-up medico.
Sì: aumenta diagnosi precoci, adesione ai programmi di prevenzione e uso consapevole della tecnologia
Se hai fattori di rischio o familiarità, è consigliato un controllo di glicemia e HbA1c su indicazione medica.
È molto utile in molte condizioni, ma la scelta e la rimborsabilità dipendono dalla valutazione del team curante.
Il tipo 1 richiede insulina; nel tipo 2 sono possibili remissioni con interventi intensivi e follow-up medico."
Parlare di diabete a Milano durante la Giornata Mondiale non è un esercizio simbolico, è una scelta di salute pubblica.
La differenza tra un sospetto ignorato e una diagnosi precoce può essere enorme.
Casa Diabete è qui per accompagnarti: informazione affidabile, percorsi personalizzati, comunità.
Prossimo passo: verifica il tuo rischio, prenota un controllo, porta un collega o un familiare a un evento.
Ogni conversazione può cambiare una storia clinica.
Nota: le indicazioni sono generali e non sostituiscono il parere del tuo team diabetologico di riferimento a Milano.
Disclaimer: le informazioni hanno scopo divulgativo e non sostituiscono il parere del medico curante. Per diagnosi e terapia rivolgersi ai professionisti sanitari.
Quando fuori fa freddo, piove o le giornate sono corte, muoversi in casa diventa la strategia più semplice per non interrompere la routine di attività fisica. Per chi vive con il diabete (tipo 1, tipo 2 o prediabete), l’esercizio regolare è un tassello fondamentale del controllo glicemico, del benessere cardiovascolare e dell’umore. In questa guida di Casa Diabete – Milano trovi idee, protocolli e accorgimenti di sicurezza per allenarti indoor in modo efficace e sicuro.
Quando si parla di invalidità e benefici fiscali, spesso ci si imbatte in dubbi e informazioni frammentarie.
Per chi vive con una malattia cronica come il diabete, conoscere i propri diritti è fondamentale non solo per la tutela sanitaria, ma anche per accedere a misure economiche e agevolazioni che possono alleggerire il peso della gestione quotidiana della patologia.
In questo articolo vediamo cosa sapere su invalidità civile, agevolazioni fiscali e benefici collegati, con un focus particolare sulle persone con diabete, ma valido anche per chi convive con altre condizioni croniche.
L’invalidità civile è una condizione riconosciuta a chi, a causa di una malattia o menomazione, subisce una riduzione permanente della capacità lavorativa o, se minorenne, della capacità di svolgere compiti e funzioni tipiche dell’età.
Per ottenerla occorre:
Le principali soglie di invalidità e i relativi benefici sono:
Dal 33%: si ha diritto ad alcune agevolazioni lavorative e scolastiche.
Dal 46%: possibilità di iscrizione alle liste di collocamento mirato (Legge 68/1999).
Dal 51%: congedo straordinario per cure (30 giorni all’anno).
Dal 67%: esenzione parziale dal pagamento del ticket sanitario.
Dal 74% al 99%: diritto all’assegno mensile di assistenza, se disoccupati e con reddito entro limiti stabiliti.
100%: diritto alla pensione di inabilità civile.
La Legge 104/1992 è un punto di riferimento per le persone con invalidità e per i loro familiari.
Le principali agevolazioni sono:
Oltre alle prestazioni assistenziali, chi ha una invalidità riconosciuta può accedere a una serie di benefici fiscali:
Esenzione ticket sanitario: per visite, esami e farmaci legati alla patologia.
Detrazioni IRPEF: spese mediche, acquisto di protesi e dispositivi medici, fino al 19%.
Agevolazioni auto: IVA ridotta al 4% per l’acquisto di veicoli, detrazione IRPEF del 19%, esenzione bollo auto e IPT.
Contributi per abbattimento barriere architettoniche: detrazioni fino al 75%.
Assegni e pensioni di invalidità: in base alla percentuale e al reddito.
Per le persone con diabete mellito il riconoscimento dell’invalidità civile varia in base al tipo di diabete e al trattamento necessario.
Ecco i passaggi pratici:
Invalidità e benefici fiscali sono strumenti di tutela pensati per migliorare la qualità di vita delle persone con malattie croniche, come il diabete.
Conoscere la normativa, sapere come muoversi e richiedere il giusto riconoscimento può fare la differenza tra una gestione solitaria della patologia e un supporto concreto, anche economico.
Il mercato online offre infinite opportunità, ma nasconde anche insidie pericolose, soprattutto quando si parla di salute. Sempre più frequentemente, pazienti con diabete segnalano la comparsa di dispositivi medici contraffatti o non certificati venduti su siti poco affidabili o tramite canali paralleli.
Sensori per il monitoraggio continuo del glucosio (CGM), glucometri, insuline “miracolose” e perfino pompe di insulina vengono proposti a prezzi stracciati, promettendo risultati rapidi e risparmi consistenti.
La realtà, però, è ben diversa: dietro queste offerte si celano rischi gravi per la sicurezza e per la vita delle persone.
In Italia e in Europa, tutti i dispositivi medici devono rispettare rigide normative, tra cui la Marcatura CE e, per i farmaci, l’autorizzazione dell’AIFA o dell’EMA. I prodotti che non presentano queste garanzie non hanno superato test di qualità, sicurezza ed efficacia.
Acquistare un dispositivo non certificato significa esporsi a:
Tra i casi più frequenti segnalati dalle associazioni dei pazienti e dalle autorità sanitarie troviamo:
Per difendersi dalle truffe, è fondamentale saper distinguere un dispositivo certificato da uno potenzialmente pericoloso. Alcuni consigli pratici:
Acquistare solo da canali ufficiali: farmacie, parafarmacie, siti web di produttori autorizzati o distributori riconosciuti.
Controllare la marcatura CE e i dati del fabbricante.
Diffidare dei prezzi troppo bassi: un dispositivo medico ha costi di produzione e certificazione che non permettono ribassi sospetti.
Verificare la presenza di manuali in italiano, informazioni chiare su garanzia e assistenza clienti.
Consultare sempre il proprio diabetologo prima di provare un nuovo dispositivo o terapia.
Il fenomeno delle truffe online in campo sanitario non riguarda solo il singolo paziente.
Dispositivi non sicuri rappresentano una minaccia per l’intero sistema sanitario, perché:
Le autorità sanitarie italiane ed europee hanno più volte richiamato l’attenzione dei cittadini sul tema.
L’AIFA, il Ministero della Salute e la Commissione Europea invitano a segnalare prontamente ogni sospetto di dispositivo contraffatto e a rivolgersi esclusivamente a canali ufficiali per l’acquisto di prodotti medici.
Anche le associazioni di pazienti, come l’Associazione Giovani Diabetici, sono impegnate in campagne di sensibilizzazione per aiutare famiglie e pazienti a riconoscere i rischi.
La tecnologia ha cambiato in meglio la vita delle persone con diabete, rendendo più semplice la gestione quotidiana della malattia. Tuttavia, i progressi possono trasformarsi in un boomerang se ci si affida a dispositivi non certificati e venduti da fonti non ufficiali.
La regola è una sola: non mettere a rischio la propria salute per un risparmio apparente.
Prima di acquistare, informarsi è un dovere.
Con l’arrivo dell’autunno, la tavola si arricchisce di frutta, verdura e cereali tipici della stagione.
Per le persone con diabete – ma anche per chi desidera prevenire problemi glicemici – scegliere i giusti alimenti di stagione può fare una grande differenza nel mantenere stabile la glicemia.
Non si tratta soltanto di “cosa” mangiare, ma anche di “come” abbinarlo, cuocerlo e distribuirlo nei pasti.
L’autunno è una stagione ricca di cibi ad alto contenuto di fibre, vitamine e antiossidanti. Zucca, cavoli, castagne e mele non solo offrono energia, ma hanno un impatto positivo sul controllo glicemico. Le fibre rallentano l’assorbimento degli zuccheri, evitando picchi post-prandiali, mentre i fitonutrienti svolgono un ruolo protettivo contro lo stress ossidativo, spesso più elevato nelle persone con diabete.
La frutta autunnale può sembrare “zuccherina”, ma se scelta e consumata con moderazione diventa un’alleata preziosa:
L’alimentazione autunnale offre numerosi alleati naturali per la gestione della glicemia.
Conoscere e sfruttare le proprietà dei cibi di stagione aiuta non solo chi convive con il diabete, ma chiunque voglia prevenire squilibri metabolici.
Mangiare seguendo il ritmo delle stagioni, privilegiando fibre e nutrienti, è un investimento sulla salute a lungo termine.
Applicare un sensore glicemico non è solo un’operazione pratica: è un atto di fiducia verso se stessi.
Ottobre è universalmente riconosciuto come il mese della prevenzione. In Italia e nel mondo, diverse campagne di sensibilizzazione vengono lanciate per incoraggiare le persone a prendersi cura di sé, sottoponendosi a controlli e screening fondamentali.
L’obiettivo è chiaro: intercettare precocemente le malattie, ridurre i rischi e migliorare la qualità della vita.
Molti tendono a rimandare visite ed esami per mancanza di tempo o per timore dei risultati, ma la prevenzione è un investimento sulla propria salute e consente di evitare conseguenze gravi.
Secondo il Ministero della Salute, oltre il 70% delle malattie croniche può essere prevenuto o gestito meglio attraverso stili di vita sani e controlli regolari.
Il diabete, le malattie cardiovascolari e alcune forme di tumore possono svilupparsi in silenzio per anni, senza sintomi evidenti. Solo esami specifici permettono di individuarli precocemente.
I controlli da non rimandare a ottobre
1. Screening per il diabete
* Misurazione della glicemia a digiuno
* Emoglobina glicata (HbA1c)
* Visita di controllo dal diabetologo in caso di familiarità o diagnosi già presente
* Controllo del peso e della circonferenza addominale
2. Controlli cardiovascolari
* Misurazione della pressione arteriosa
* Esami del sangue: colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi
* Elettrocardiogramma nei soggetti a rischio
3. Screening oncologici (a seconda dell’età e del sesso)
* Pap test e HPV test per le donne
* Mammografia (donne sopra i 45 anni)
* Colonoscopia o ricerca sangue occulto nelle feci (uomini e donne sopra i 50 anni)
* Controllo dermatologico dei nei
4. Visita oculistica e odontoiatrica
* Per chi vive con il diabete, fondamentale lo screening per retinopatia diabetica
* Controllo dentale, spesso sottovalutato, ma essenziale anche per la salute metabolica
5. Check-up generale
* Analisi del sangue e delle urine
* Valutazione della funzionalità renale ed epatica
* Esami tiroidei in caso di predisposizione
Per le persone con diabete, ottobre è l’occasione ideale per fissare visite e controlli periodici: monitorare l’andamento della glicemia, verificare la salute del cuore, dei reni, degli occhi e dei piedi.
Un controllo regolare riduce il rischio di complicanze croniche e consente di adattare tempestivamente la terapia.
La prevenzione non si limita agli esami medici: abitudini quotidiane corrette sono il vero motore del benessere.
Conclusione: non rimandare, la prevenzione è vita
Ottobre ci ricorda che il tempo migliore per prenderci cura della nostra salute è adesso.
Un semplice check-up può fare la differenza tra vivere con la serenità di un controllo regolare e affrontare diagnosi tardive.
Prendersi cura di sé significa proteggere il futuro: non aspettare, fissa i tuoi controlli di prevenzione.
I sensori glicemici, noti anche come CGM (Continuous Glucose Monitoring), stanno rivoluzionando il monitoraggio del diabete, offrendo un’alternativa più precisa, continua e meno invasiva rispetto alla classica puntura del dito. Ma come funzionano davvero questi dispositivi? E quali sono i vantaggi e i limiti da conoscere?.
Un sensore glicemico è un piccolo dispositivo applicato sotto la pelle, solitamente a livello dell’addome o del braccio. Attraverso un sottile filamento inserito nel tessuto sottocutaneo, misura in tempo reale la concentrazione di glucosio nel fluido interstiziale, cioè il liquido che circonda le cellule.
Il sensore trasmette i dati a un lettore, a uno smartphone o direttamente a un microinfusore, consentendo un monitoraggio continuo della glicemia. Questo processo avviene tramite:
Nonostante i progressi, i sensori glicemici non sono perfetti:
La ricerca è in continua evoluzione: si lavora a sensori più piccoli, più accurati e a lunga durata, fino a sistemi impiantabili sotto pelle che possono funzionare per mesi. Inoltre, l’integrazione con algoritmi di intelligenza artificiale sta aprendo la strada al pancreas artificiale, un sistema capace di automatizzare la somministrazione di insulina.
I sensori glicemici rappresentano oggi uno strumento indispensabile per la gestione moderna del diabete.
Offrono precisione, libertà e sicurezza, contribuendo a migliorare la qualità di vita e a ridurre il rischio di complicanze. Conoscere come funzionano davvero aiuta pazienti e familiari a sfruttarne appieno il potenziale, senza cadere nelle trappole della disinformazione o di dispositivi non certificati.
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Per le famiglie di bambini e adolescenti con diabete, il rientro a scuola non è solo sinonimo di libri e quaderni nuovi, ma anche di organizzazione e responsabilità aggiuntive. La gestione del diabete – soprattutto del tipo 1 – richiede monitoraggio costante della glicemia, attenzione all’alimentazione, attività fisica equilibrata e conoscenza delle possibili emergenze come l’ipoglicemia.
La scuola, quindi, diventa un luogo in cui è fondamentale costruire un’alleanza tra studenti, famiglie e insegnanti.
I genitori hanno un compito centrale: preparare il terreno prima del rientro. Alcuni suggerimenti pratici:
Incontro con la scuola: organizzare un colloquio con insegnanti e personale ATA per spiegare le necessità del bambino e fornire un “piano personalizzato” di gestione del diabete.
Kit d’emergenza: consegnare alla scuola un kit contenente glucometro, strisce, glucagone, snack dolci e acqua.
Educazione del bambino: responsabilizzare progressivamente il ragazzo, in base all’età, affinché sappia gestire i controlli glicemici e segnalare eventuali sintomi.
Comunicazione costante: mantenere un canale aperto con gli insegnanti, anche tramite chat dedicate, per aggiornamenti rapidi in caso di necessità.
Gli insegnanti non devono diventare medici, ma è importante che abbiano nozioni di base per affrontare eventuali situazioni. Alcuni aspetti chiave:
Riconoscere i segnali: pallore, sudorazione fredda, tremori e difficoltà di concentrazione possono indicare ipoglicemia. In questi casi, il bambino deve assumere subito zuccheri semplici.
Flessibilità: consentire allo studente di fare pause per controllare la glicemia, assumere cibo o recarsi in bagno.
Inclusione: evitare discriminazioni, garantendo la partecipazione a gite scolastiche, attività sportive e momenti di socialità.
Collaborazione: seguire le indicazioni della famiglia e del pediatra/diabetologo.
Lo sport è parte integrante della vita scolastica e rappresenta un’opportunità per i bambini con diabete. Tuttavia, va gestito con attenzione:
Un contesto normativo a tutela degli studenti
In Italia, la Legge 104/1992 e le Linee guida ministeriali sul diabete a scuola tutelano il diritto all’istruzione, alla salute e all’inclusione sociale degli studenti con patologie croniche. Le scuole possono predisporre un Piano Didattico Personalizzato (PDP) o un Protocollo Sanitario Individuale, redatto insieme alla famiglia e all’ASL di riferimento.
In un contesto così delicato, la regola da ricordare è semplice quanto antica: diffidare delle imitazioni.
Nessun sensore “miracoloso” può sostituire oggi i dispositivi certificati.
Nessuna scorciatoia pubblicitaria vale la sicurezza offerta dalla scienza.
Nessun paziente dovrebbe decidere da solo senza il confronto con il proprio specialista.
Il rientro a scuola per un bambino con diabete non deve essere fonte di ansia, ma un’occasione per rafforzare la rete educativa e sanitaria attorno allo studente. La collaborazione tra famiglie, insegnanti e operatori sanitari è il vero segreto per garantire sicurezza, serenità e inclusione.
Con la giusta preparazione, il diabete non è un ostacolo al percorso scolastico, ma una sfida che si può affrontare insieme.
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Immaginate il vostro ristorante preferito: di giorno è un luogo vivace e movimentato, ma dopo l’orario di chiusura il personale inizia a rimettere a posto il locale per prepararsi al giorno successivo.
Potremmo usare questa analogia per descrivere ciò che accade al nostro corpo.
Di giorno, il nostro organismo è completamente impegnato a tenerci in movimento e occupati nelle nostre attività.
Di notte, quando dormiamo, il corpo si “ferma”. Il sonno offre la possibilità di riposare e svolge un ruolo fondamentale nel ricalibrare i vari ormoni che ci aiutano a mantenerci in buona salute.
Dormire una notte di sonno ristoratore è una pratica spesso sottovalutata, ma estremamente utile per condurre uno stile di vita sano, e ancora di più per chi soffre di diabete di tipo 1.
Negli ultimi anni, il monitoraggio continuo della glicemia (CGM) ha cambiato radicalmente la vita di milioni di persone con diabete.
La possibilità di controllare in tempo reale l’andamento dei valori glicemici, senza doversi pungere più volte al giorno con il classico glucometro, ha rappresentato una rivoluzione silenziosa ma profonda. Eppure, dove c’è innovazione autentica, si infilano anche illusioni pericolose.
Sempre più spesso, navigando sui social network o in siti web poco trasparenti, compaiono pubblicità che promettono sensori glicemici “senza buchi sulla pelle”, dispositivi indolori capaci – così dicono – di misurare la glicemia senza alcuna invasività. Uno scenario da fantascienza che fa breccia nel cuore dei pazienti, desiderosi di liberarsi dalle punture.
La realtà, però, è un’altra: oggi non esistono dispositivi affidabili e certificati in grado di misurare la glicemia senza contatto con il corpo. Qualsiasi annuncio che promette il contrario appartiene al regno della pubblicità ingannevole.
Il fenomeno non è isolato. Anzi, segue uno schema ben noto: si prende un bisogno reale, lo si esaspera con promesse miracolose e lo si confeziona in una grafica accattivante, spesso con testimonial improvvisati o falsi “esperti in camice bianco”. Il risultato? Pazienti confusi, attratti da soluzioni facili che rischiano di peggiorare la gestione della loro malattia.
Questi dispositivi non solo non funzionano, ma possono essere pericolosi. Un dato glicemico sbagliato porta a decisioni sbagliate: una dose di insulina in più, o in meno, può significare ipoglicemia, iperglicemia, pronto soccorso, e nei casi più gravi persino conseguenze letali.
Dietro a queste campagne pubblicitarie ci sono spesso aziende senza autorizzazioni, che sfruttano canali poco controllati come piattaforme social e marketplace esteri.
Non è raro che i prodotti arrivino da Paesi in cui la regolamentazione sanitaria è scarsa o inesistente.
La differenza tra un dispositivo autorizzato e un gadget fasullo non sta solo nella qualità costruttiva, ma nella scienza che c’è dietro.
I sensori glicemici oggi disponibili sul mercato – come quelli utilizzati nelle terapie avanzate del diabete – hanno alle spalle anni di ricerca clinica, studi comparativi, valutazioni da parte di autorità regolatorie come il Ministero della Salute e l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali). Solo dopo aver superato test rigorosi, vengono messi a disposizione dei pazienti, spesso con il supporto delle società scientifiche come la SID (Società Italiana di Diabetologia) e l’AMD (Associazione Medici Diabetologi).
Non è un percorso semplice, né breve: serve dimostrare affidabilità, precisione, sicurezza, compatibilità con terapie complesse. Tutto ciò che non segue queste regole è, per definizione, non sicuro.
Un altro punto cruciale riguarda la relazione con il medico specialista. In un mondo in cui le informazioni (e le disinformazioni) corrono veloci, il diabetologo resta la bussola che orienta il paziente.
Prima di acquistare o provare qualsiasi nuovo dispositivo, è fondamentale parlarne con il proprio medico. Solo lo specialista conosce la situazione clinica individuale e può indicare se e quando un determinato strumento è adatto, garantendo che si tratti di un prodotto autorizzato e supportato da evidenze scientifiche.
Il “fai da te” sanitario, alimentato da pubblicità online, è una scorciatoia che spesso porta a complicazioni. La salute non può essere affidata a un link sponsorizzato.
Il tema si inserisce in un problema più ampio: la diffusione di fake news in ambito sanitario. Internet ha democratizzato l’accesso alle informazioni, ma allo stesso tempo ha spalancato le porte a contenuti fuorvianti, che trovano terreno fertile soprattutto tra chi cerca soluzioni immediate.
Nel caso del diabete, malattia cronica che richiede una gestione costante e complessa, il rischio è ancora più alto. Ogni decisione terapeutica ha conseguenze dirette e quotidiane.
Cadere in trappole pubblicitarie non significa solo perdere denaro, ma esporsi a danni seri e concreti.
In un contesto così delicato, la regola da ricordare è semplice quanto antica: diffidare delle imitazioni.
Nessun sensore “miracoloso” può sostituire oggi i dispositivi certificati.
Nessuna scorciatoia pubblicitaria vale la sicurezza offerta dalla scienza.
Nessun paziente dovrebbe decidere da solo senza il confronto con il proprio specialista.
Il progresso tecnologico nel diabete è reale e concreto. I sensori glicemici certificati hanno già trasformato il modo di vivere la malattia, riducendo il numero di punture, migliorando la qualità della vita, prevenendo complicanze. Ma si tratta di strumenti seri, frutto di anni di ricerca, non di slogan accattivanti.
La tentazione del “senza aghi” è comprensibile, ma oggi resta una promessa vuota, un’illusione venduta online.
La salute non è un terreno su cui rischiare: affidarsi solo a dispositivi certificati, prescritti dai medici e approvati dalle autorità sanitarie, è l’unico modo per proteggere sé stessi e vivere meglio con il diabete.
Meglio fidarsi della scienza, che di un post sponsorizzato.
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Il consumo di alcol è una parte importante della vita sociale in molte culture, spesso utilizzato come modo per rilassarsi e socializzare. Un bicchiere di vino dopo una lunga giornata o un boccale di birra in compagnia degli amici durante un pasto possono essere momenti piacevoli. Ma se hai il diabete di tipo 1, ti chiedi se è possibile concederti anche questi piaceri?
La risposta è sì, anche le persone con diabete di tipo 1 possono concedersi un calice di vino o un bicchierino di whisky, ma è importante conoscere alcuni aspetti prima di decidere di passare una serata in un locale.
Il fegato è l’organo principale per il metabolismo dell’alcol, poiché smaltisce circa l’80% di esso. Ma perché è importante comprendere l’impatto dell’alcol sul fegato? Questo organo ha due funzioni chiave in relazione alla glicemia.
In primo luogo, il fegato può produrre glucosio a partire da proteine o grassi, un processo chiamato gluconeogenesi, che avviene soprattutto durante periodi di digiuno, come la notte. In secondo luogo, quando i livelli di glucosio nel sangue sono elevati, il fegato converte una parte di questo glucosio in glicogeno, una forma di glucosio complesso che viene immagazzinata nel fegato e può essere facilmente riconvertita in glucosio semplice quando necessario. Questi due processi sono fondamentali per mantenere un equilibrio glicemico stabile nel corso della giornata.
Quando il fegato metabolizza l’alcol, vengono rilasciati sottoprodotti chimici che ostacolano il processo di gluconeogenesi. Ad esempio, circa 120 ml di vodka liscia possono ridurre la gluconeogenesi del 45%. Inoltre, l’alcol impedisce anche la trasformazione del glicogeno in glucosio. In sintesi, l’alcol limita entrambi i processi, riducendo i livelli di glicemia.
Cosa significa tutto ciò per chi vive con il diabete di tipo 1? L’alcol ha un effetto ipoglicemizzante (abbassante della glicemia) su tutte le persone, ma le persone con diabete di tipo 1 devono prestare attenzione in particolare quando consumano alcol.
L’effetto dell’alcol sulla glicemia può variare a seconda del momento in cui viene consumato e del tipo di bevanda alcolica. Ad esempio, bere un bicchiere di vino o un boccale di birra durante il pasto ha generalmente un impatto minore sulla glicemia, a condizione che l’alcol venga consumato con il cibo e in quantità moderate.
Più alta è la quantità di alcol e maggiore il grado alcolico, più cresce il rischio di un calo della glicemia.
Studi hanno dimostrato che un consumo moderato di alcol (1 g per kg di peso corporeo), se assunto durante un pasto, ha un impatto limitato sulla glicemia e sui livelli di insulina nelle persone con diabete di tipo 1.
Tuttavia, quando l’alcol viene consumato a digiuno o lontano dai pasti, può provocare una significativa diminuzione dei livelli di glucosio nel sangue.
Più ci si allontana dal pasto e maggiore è il consumo di alcol, maggiore è il rischio di sviluppare ipoglicemia. Inoltre, è importante sapere che l’ipoglicemia può verificarsi non solo durante il consumo di alcol, ma anche fino a 12 ore dopo, anche dopo aver mangiato.
Oltre all’ipoglicemia, una persona con diabete di tipo 1 potrebbe sviluppare iperglicemia (livelli elevati di glicemia) quando consuma alcolici, in particolare liquori e superalcolici, che spesso contengono zuccheri.
Anche i cocktail, che sono spesso miscelati con bibite zuccherate o succhi di frutta, possono contribuire a un aumento della glicemia. Pertanto, è fondamentale prestare attenzione al tipo di alcol consumato e alla sua combinazione con altre bevande.
Nel 2019, le linee guida dell’American Diabetes Association suggerivano alle persone con diabete di tipo 1 di moderare il consumo di alcol. In particolare, raccomandano di non superare 1 bevanda alcolica al giorno per le donne adulte e 2 per gli uomini adulti. Disporre di informazioni aggiornate e di una buona gestione terapeutica ti aiuterà a essere preparato, se dovessi aver bisogno di assistenza durante una serata fuori.
Ecco alcuni consigli per bere alcolici in sicurezza:
Controlla i livelli di glicemia prima, durante e dopo il consumo di alcol.
Mangia un buon pasto che includa carboidrati prima di uscire.
Porta con te alimenti che possano aumentare rapidamente i tuoi livelli di glicemia in caso di ipoglicemia.
Mantieniti idratato, alternando l’alcol con acqua.
Tieni presente che attività fisiche come ballare possono abbassare ulteriormente la glicemia.
Controlla i livelli di glicemia prima di andare a dormire e mangia qualcosa se i livelli sono bassi.
Prediligi bibite senza zucchero per miscelare con l’alcol, in modo da evitare picchi glicemici.
Fai colazione al mattino, anche se non hai fame, per mantenere stabili i livelli glicemici.
Chiedi consiglio al tuo team diabetologico per sapere quali bevande alcoliche sono più facilmente gestibili, come quelle con un minore grado alcolico o quelle che non presentano contenuti alcolici variabili a seconda di come vengono servite.
Usa la tecnologia per monitorare meglio i tuoi livelli glicemici. Oggi, molti dispositivi di monitoraggio continuo del glucosio e microinfusori permettono di regolare temporaneamente l’erogazione dell’insulina, aiutandoti a gestire meglio la glicemia in situazioni come il consumo di alcol. Parla con il tuo team diabetologico per scoprire come la tecnologia possa supportarti nella gestione di pasti e alcolici.
Con il diabete di tipo 1, non devi sentirti privato di una vita sociale che include occasionalmente un drink. Bere un bicchiere di vino o un cocktail in compagnia non dovrebbe essere un problema, a patto di farlo con consapevolezza e seguendo alcune precauzioni. Consulta sempre il tuo team diabetologico per ottenere informazioni personalizzate su come gestire l’assunzione di alcol in modo sicuro e consapevole.
White ND. Alcohol use in young adults with type 1 diabetes mellitus. Am J Lifestyle Med. 2017;11(6):433-435.
Diabetes.org.uk. Type 1 diabetes and drinking. Available at: https://www.diabetes.org.uk/guide-to-diabetes/young-adults/type-1-drinking. Accessed January 2022.
American Diabetes Association. Lifestyle management: Standards of medical care in diabetes. Diab Care. 2019;42(Suppl 1): S46-S60.
Uno studio internazionale condotto dal Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università Statale di Milano – in collaborazione con altri centri, tra cui l’Università di Pisa e la Harvard Medical School di Boston – ha identificato un meccanismo responsabile della perdita delle beta cellule del pancreas (le cellule produttrici di insulina) nel diabete.
La ricerca ha anche rivelato come disattivare questo meccanismo tramite un trattamento farmacologico.
Ne parliamo con il prof. Paolo Fiorina*, professore ordinario di Endocrinologia, direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Invernizzi di Milano, e con la prof.ssa Francesca D’Addio**, ricercatrice e docente di Endocrinologia, nonché primo autore dello studio pubblicato su Nature Communications, una delle riviste più prestigiose in ambito di medicina sperimentale con applicazione clinica.
“Come noto, il diabete mellito di tipo 1 è una malattia autoimmune che colpisce principalmente bambini e adolescenti, ma anche adulti. In questi soggetti, il sistema immunitario distrugge progressivamente o completamente le beta-cellule del pancreas endocrino, che sono responsabili della produzione e secrezione di insulina, l’ormone che regola i livelli di glucosio nel sangue (glicemia).
Di conseguenza, è necessario somministrare insulina quotidianamente e per tutta la vita.
Ad oggi, non esiste ancora una strategia terapeutica efficace per preservare le cellule beta pancreatiche.
Tuttavia, la ricerca in questo campo è particolarmente attiva,” afferma il prof. Paolo Fiorina, direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi.
Il pancreas endocrino è la parte del pancreas che secerne ormoni nel circolo sanguigno, come insulina, glucagone e altri. Si distingue dal pancreas esocrino, che produce enzimi digestivi destinati al tubo digerente per facilitare la digestione.
“Nelle nostre linee di ricerca, il diabete di tipo 1 è al centro di tutto, rappresentando uno degli aspetti principali dei nostri programmi. Stiamo esplorando una serie di approcci terapeutici innovativi per trattare la malattia, come lo studio che abbiamo appena pubblicato.
Io e il mio team ci occupiamo di ricerca sul diabete di tipo 1 da molti anni, full time dal 1997-1998, anno in cui mi sono specializzato, quindi da oltre vent’anni.
Già nei primi anni di specializzazione, mi occupavo di immunologia applicata al diabete.”
“La massa e l’omeostasi delle cellule beta pancreatiche sono principalmente preservate e mantenute attraverso un delicato equilibrio tra proliferazione e morte cellulare, finemente regolato.
Diversi fattori di stress, come gluco-lipotossicità, stress ossidativo, attacco immunitario e infiltrazione, oltre ad altri ancora, alterano la funzione delle beta-cellule.
Anche i fattori di crescita e gli ormoni circolanti, che supportano la proliferazione, la nutrizione e il rinnovamento delle cellule beta pancreatiche, sono stati ampiamente studiati.
Tuttavia, si sa ancora poco su come prevenire la distruzione o la perdita delle beta-cellule. Le attuali terapie per il trattamento del diabete vengono ora testate per valutarne gli effetti potenziali nel preservare la sopravvivenza delle cellule beta, poiché il mantenimento della secrezione endogena di insulina, anche in quantità minime, potrebbe comunque migliorare il quadro clinico dei pazienti.
Negli ultimi anni, tuttavia, un numero crescente di studi suggerisce un’opportunità promettente: mirare specificamente al processo che porta alla morte delle cellule beta.
Questo potrebbe rappresentare un meccanismo chiave per preservare il pool di beta-cellule e, di conseguenza, prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete,” sottolinea la prof.ssa Francesca D’Addio.
“Grazie alla ricerca condotta insieme ai colleghi dell’Università di Pisa e dell’Harvard Medical School di Boston, abbiamo scoperto che, nel diabete, si verifica un’alterata interazione tra un recettore e il suo ligando, un meccanismo che abbiamo denominato ‘asse TMEM219 – IGFBP3’.
Questo processo è in grado di determinare la morte delle cellule beta del pancreas, quelle responsabili della produzione di insulina.
Abbiamo inoltre scoperto che bloccando selettivamente, tramite un intervento farmacologico, questo asse, siamo in grado di proteggere le cellule beta pancreatiche dalla morte cellulare e prevenire l’insorgenza del diabete in modelli murini,” afferma la prof.ssa D’Addio.
“TMEM219 è un recettore (‘death receptor’) recentemente scoperto, la cui espressione rende le cellule più vulnerabili ai numerosi fattori stressogeni e ne induce facilmente la morte cellulare programmata (apoptosi) attraverso il legame con il suo ligando, IGFBP3 (Insulin-like Growth Factor Binding Protein 3). IGFBP3 fa parte di un complesso proteico formato da sei proteine denominate IGF binding proteins, che agiscono come principale vettore dei fattori di crescita insulino-simile 1 (IGF-I) e IGF-II nel flusso sanguigno. Tuttavia, IGFBP3 ha anche un effetto indipendente sulle cellule staminali intestinali che esprimono il recettore TMEM219,” continua la prof.ssa D’Addio.
“Il ruolo cruciale di IGFBP3 nella modulazione del destino cellulare e della crescita dei tessuti è stato documentato in modelli preclinici, dove è stata osservata una massa beta-insulare ridotta seguita da dis-glicemia in presenza di sovraespressione costitutiva di IGFBP3. Alcuni studi hanno riscontrato livelli più elevati di IGFBP3 in pazienti con diabete di tipo 1 e tipo 2, e in soggetti a rischio di sviluppare diabete, così come in modelli sperimentali animali (murini) diabetici e pre-diabetici. Questi dati suggeriscono un’alterazione del segnale IGFBP3 – TMEM219 nel contesto del diabete. Ulteriori studi sono necessari.”
“Nello studio pubblicato su Nature Communications, ipotizziamo – e i risultati lo hanno confermato – che IGFBP3 agisca come un regolatore della massa delle cellule beta pancreatiche, legando il recettore TMEM219, che – come dimostriamo nello studio – è espresso nelle cellule beta delle isole pancreatiche in corso di diabete. L’asse IGFBP3 – TMEM219 che si attiva promuove così la distruzione programmata delle cellule beta. Le cellule in apoptosi subiscono modificazioni morfologiche e biochimiche che portano alla loro frammentazione, facilitandone la fagocitosi. Si tratta di un suicidio cellulare programmato.”
“Nello studio abbiamo indagato anche se l’inibizione selettiva – farmacologica o genetica – del segnale IGFBP3/TMEM219 possa proteggere la massa delle cellule beta, facilitarne la proliferazione e ritardare, se non prevenire, l’insorgenza del diabete. Questo suggerisce una nuova opzione terapeutica per i pazienti che soffrono di diabete, in particolare di diabete di tipo 1.”
“Quando presente in eccesso, la proteina IGFBP3 agisce come una sorta di ‘betatossina’, una tossina circolante per le cellule beta: la sua produzione aumenta in presenza di diabete ed è parzialmente responsabile della progressiva perdita delle cellule beta pancreatiche, attivando il recettore TMEM219.”
“Il nuovo asse che abbiamo individuato è in grado di controllare il destino delle cellule beta pancreatiche e modularne la sopravvivenza,” afferma il prof. Paolo Fiorina, direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi.
“Lo studio mostra come questo meccanismo, attivato a livello del pancreas endocrino, sia capace di regolarne la funzione, in particolare per quanto riguarda le cellule beta responsabili della produzione di insulina.
L’aumento della proteina IGFBP3 nei pazienti affetti da diabete di tipo 1 suggerisce che questo fattore possa comportarsi come una tossina per le cellule beta pancreatiche in corso di diabete. IGFBP3, legandosi al recettore TMEM219 espresso sulla superficie delle cellule beta, ne provoca la morte programmata.
L’alterazione del segnale IGFBP3/TMEM219 porta così alla perdita delle cellule beta produttrici di insulina, contribuendo al danno beta cellulare che si sviluppa durante il diabete.”
“Infatti, l’inibizione genetica e farmacologica dell’asse in questione è in grado di preservare la massa delle cellule beta, prevenire la morte cellulare (apoptosi) delle beta cellule e impedire l’insorgenza della malattia in vivo in modelli murini utilizzati per lo studio del diabete di tipo 1.
La possibilità di ristabilire il controllo dell’omeostasi delle cellule beta e prevenire la loro perdita è di straordinaria importanza per i pazienti affetti da diabete, in particolare per coloro che soffrono di diabete di tipo 1, dove la distruzione delle cellule beta è rapida e massiva, costringendo alla necessità di terapia insulinica,” sottolinea il prof. Paolo Fiorina.
“La comprensione di questo meccanismo e delle sue alterazioni nel contesto del diabete apre nuove opportunità per lo sviluppo di molecole farmacologiche mirate a inibire l’azione tossica di IGFBP3 sulla massa beta cellulare, preservandone la funzione il più a lungo possibile e quindi la produzione endogena di insulina,” aggiunge la prof.ssa D’Addio.
Il prof. Paolo Fiorina conclude ringraziando la Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi per aver reso possibile questo studio e per il continuo, straordinario supporto alla ricerca scientifica finalizzata alla cura del diabete di tipo 1.
“Questo è un altro successo del Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi, che si aggiunge a quelli recentemente presentati,” commenta il prof. Gian Vincenzo Zuccotti, direttore del Centro. “Il nostro Centro ha compiuto significativi progressi in questi cinque anni, in particolare nella ricerca traslazionale, che si propone di trasformare i risultati della ricerca di base in applicazioni cliniche, con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per la ricerca scientifica in Italia e un polo all’avanguardia nella cura del diabete di tipo 1.” Prosegue il prof. Gian Vincenzo Zuccotti: “Senza la collaborazione con l’Università di Milano e i Dipartimenti Clinici del Polo Ospedaliero Luigi Sacco, questo risultato sarebbe stato difficile, se non impossibile, senza il fondamentale sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi che continua a supportarci per fare sempre di più in questo campo di ricerca.”
Francesca D’Addio, Anna Maestroni, Emma Assi, Moufida Ben Nasr, Giovanni Amabile, Vera Usuelli, Cristian Loretelli, Federico Bertuzzi, Barbara Antonioli, Francesco Cardarelli, Basset El Essawy, Anna Solini, Ivan C. Gerling, Cristina Bianchi, Gabriella Becchi, Serena Mazzucchelli, Domenico Corradi, Gian Paolo Fadini, Diego Foschi, James F. Markmann, Emanuela Orsi, Jan Škrha Jr, Maria Gabriella Camboni, Reza Abdi, A. M. James Shapiro, Franco Folli, Johnny Ludvigsson, Stefano Del Prato, Gianvincenzo Zuccotti & Paolo Fiorina
The IGFBP3/TMEM219 pathway regulates beta cell homeostasis, Nature Communications volume 13, Article number: 684 (2022)
Prof. Paolo Fiorina, direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Invernizzi. Professore ordinario di Endocrinologia, Università Statale di Milano, Direttore UOS Diabetologia, Ospedali Fatebenefratelli-Sacco-Macedonio Melloni di Milano, Lecturer, Harvard Medical School, Boston, MA, USA, Associate Scientist, Boston Children’s Hospital, Boston, MA, USA
Prof.ssa Francesca D’Addio, professore associato di Endocrinologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco. Ricercatrice d’eccellenza, collabora da anni con il prof. Paolo Fiorina presso il Centro di Ricerca Internazionale Romeo ed Enrica Invernizzi, che opera all’Ospedale Sacco. Il Centro ha come obiettivo: – Identificare le cause genetiche e ambientali del diabete tipo 1
– Prevenire il diabete tipo 1
– Sviluppare nuove terapie di sostituzione cellulare
– Prevenire o ridurre le complicanze (in particolare enteropatia e nefropatia)
– Applicare nuove tecnologie nella ricerca sul diabete tipo 1
Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi
Ospedale “L. Sacco” – Padiglione 62, 1° piano – Via Giovanni Battista Grassi, 74, 20157 Milano
www.crcpediatrico.org – www.casadiabete.it
La maggior parte di noi ha familiarità con l’uso di una lente di ingrandimento.
Questo strumento può essere utile in tante situazioni quotidiane, come leggere l’etichetta di un farmaco o infilare un ago. Quando utilizziamo una lente di ingrandimento, notiamo che mentre una parte del campo visivo viene ingrandita, gli oggetti circostanti, non inquadrati dalla lente, risultano sfocati.
Ma cosa c’entra questo con le persone che convivono con il diabete di tipo 1? Continua a leggere per scoprirlo.
Nel contesto delle distorsioni cognitive (schemi di pensiero negativi e poco utili), si parla di ingigantimento quando una persona amplifica irragionevolmente l’importanza di un dettaglio negativo. Al contrario, la minimizzazione riguarda quando una persona sminuisce o nega l’importanza di un evento positivo. Alcuni esempi comuni di questi schemi di pensiero includono:
Concentrarsi su una pressione alta rilevata durante un controllo medico e sentirsi in colpa, anche se tutti gli altri esami erano nella norma.
Essersi confusi su alcune parole durante una presentazione al lavoro e non riuscire a smettere di pensarci, nonostante i complimenti ricevuti dai colleghi dopo il discorso.
Non amare andare dalla dietista. Nell’ultimo incontro, lei ti ha sorriso all’inizio, ma non quando te ne sei andato, e quindi hai deciso di non andarci più, interpretando la situazione come un’esperienza negativa e percependo che nemmeno alla dietista piaccia vederti.
Vivere con il diabete di tipo 1 può aumentare la probabilità di sperimentare queste distorsioni cognitive, poiché sono spesso collegate a stress, ansia e depressione. E, come evidenziato da diverse ricerche, queste sfide emotive sono più comuni nelle persone con diabete di tipo 1.
Inoltre, le distorsioni cognitive possono influenzare la gestione della propria salute. Ad esempio, chi tende a minimizzare spesso non segue correttamente le indicazioni del team diabetologico, riducendo l’importanza della terapia. D’altra parte, chi ingigantisce la propria condizione può provare ansia e ricorrere a visite mediche inutili o eccessive.
Indipendentemente dal fatto che tu tenda a ingigantire o a minimizzare, questo modo di vedere le cose può diventare disorientante se persiste nel tempo. Ecco tre modi per ricalibrare il tuo punto di vista e rimettere le cose nella giusta prospettiva.
Presa di coscienza
Riconosci quando stai per “tirare fuori” quella lente che tende a ingigantire o minimizzare la situazione, e cerca di metterla da parte. Se riesci a rendertene conto sul momento, è ancora meglio! Rifletti anche su quando e perché tendi a farlo: è quando sei stanco o stressato? Dopo una giornata difficile al lavoro? Si manifesta principalmente nella gestione del diabete? Capire cosa scatena questa tendenza potrebbe aiutarti a gestirla meglio.
Esamina la situazione
Ripensa all’evento e chiediti se ha davvero senso concentrarsi su un singolo valore elevato di emoglobina glicata, ignorando invece tutti gli altri risultati che rientrano nei target prefissati. Mettiti in discussione: è un pensiero razionale? Un singolo valore fuori dal range può davvero avere conseguenze negative immediate? Questo approccio ti aiuterà a rivedere l’importanza che dai sia agli aspetti positivi che a quelli negativi.
Cerca aiuto
Se fai fatica a mettere da parte la tua lente d’ingrandimento, cerca supporto. Contatta il tuo team diabetologico per avere indicazioni su come gestire la situazione, o chiedi consiglio a familiari e amici fidati. A volte, un punto di vista esterno può aiutarti a vedere le cose in maniera più equilibrata.
Superare la tendenza a ingigantire o minimizzare è possibile. Con un po’ di consapevolezza e con il giusto supporto, potrai imparare a guardare la tua situazione da una prospettiva più sana e realistica. Con il giusto approccio, vedrai le cose con maggiore chiarezza, anche quando la vita con il diabete ti sembra particolarmente sfidante.
Gautam M, Tripathi A, Deshmukh D, Gaur M. Cognitive Behavioural Therapy for Depression. Indian J Psychiatry. 2020;62(Suppl 2):S223-S229.
Viner A. Cognitive Distortions: Predictors of Medical Adherence and Health Behaviours Among Women at Risk for Breast Cancer. PCOM Psychology Dissertations. 2016;417.
Weeks M, Coplan R, Ooi L. Cognitive biases among early adolescents with elevated symptoms of anxiety, depression, and co-occurring symptoms of anxiety-depression. Inf Child Dev. 2017; 26:e2011.
L’estate è finalmente arrivata! Che tu sia rimasto in città o che tu stia trascorrendo le tue vacanze in una località tranquilla, la canicola estiva potrebbe iniziare a farsi sentire. E cosa c’è di più rinfrescante in questi momenti se non un bagno al mare o una nuotata in piscina? Ma come conciliare una bella nuotata con la gestione del diabete?
Il primo passo fondamentale è confrontarsi preventivamente con il proprio medico diabetologo, per ottenere tutte le informazioni necessarie e gestire al meglio e in sicurezza una nuotata o una giornata al mare. Se non ci sono controindicazioni specifiche, infatti, il nuoto e gli sport acquatici sono attività fisiche ottime e divertenti, che possono anche aiutarti nella gestione del diabete.
L’attività fisica regolare porta numerosi benefici alla salute di tutti, anche di chi convive con il diabete di tipo 1. Il nuoto, in particolare, può aiutare a gestire i livelli di glicemia, oltre a favorire la salute del cuore, delle ossa e il benessere emotivo.
Tuttavia, è importante ricordare che i valori glicemici possono variare in base a diversi fattori, tra cui:
Il tipo di attività fisica (anaerobica o aerobica)
L’orario dell’ultimo pasto consumato
La composizione dell’ultimo pasto
Il livello attuale della glicemia
L’orario dell’ultima somministrazione di insulina
Il nuoto libero è un’attività aerobica, mentre il nuoto ad alta intensità è anaerobico. Entrambe le forme offrono benefici per la salute delle persone con diabete.
Un recente studio ha esaminato la correlazione tra nuoto e livelli di glicemia in adolescenti con diabete di tipo 1. I partecipanti, suddivisi in due gruppi, sono stati sottoposti al test dell’emoglobina glicata (HbA1c) prima e dopo un programma di nuoto di 10 settimane. I risultati hanno mostrato miglioramenti significativi nei livelli di HbA1c nei partecipanti che avevano seguito il programma di nuoto rispetto a quelli che non lo avevano fatto. Lo studio ha concluso che la pratica del nuoto come parte di una routine fisica regolare può contribuire a migliorare il controllo della glicemia.
Se sei pronto a goderti l’estate e fare qualche bella nuotata, ecco alcuni consigli, basati sulle raccomandazioni degli esperti, per nuotare in sicurezza e prevenire situazioni di emergenza:
Controlla i tuoi livelli di glicemia prima dell’attività fisica
È fondamentale misurare la glicemia prima di nuotare o fare altre attività fisiche, poiché l’esercizio tende a ridurre i livelli di zucchero nel sangue, aumentando il consumo di energia da parte dell’organismo.
Controlla le tue scorte di insulina
Sia che usi un microinfusore o una terapia insulinica multi-iniettiva, assicurati di avere sempre con te le scorte necessarie per gestire la tua terapia, eventuali episodi di ipoglicemia o per monitorare i livelli glicemici.
Consulta il tuo team diabetologico per l’uso del microinfusore in acqua
Se utilizzi un microinfusore, verifica che sia resistente all’acqua e che possa essere usato in sicurezza durante il nuoto. Consulta il manuale del tuo dispositivo e chiedi consiglio al tuo medico per eventuali precauzioni da prendere, specialmente se prevedi di fare immersioni o altre attività acquatiche.
Prepara uno spuntino
Porta sempre con te degli spuntini che includano zuccheri semplici e complessi, per affrontare eventuali cali glicemici durante o dopo la nuotata.
Pianifica delle pause
Se prevedi una lunga nuotata, pianifica delle pause per controllare la glicemia e mangiare qualcosa, nel caso i livelli di zucchero nel sangue dovessero abbassarsi troppo.
Bevi molto
Non dimenticare di idratarti, soprattutto se nuoti in ambienti caldi, all’aperto o in acqua salata. In acqua non ci accorgiamo di sudare, ma il corpo ha comunque bisogno di liquidi.
Informa gli altri su cosa fare in caso di emergenza
È importante che amici e familiari sappiano cosa fare in caso di necessità. Se fai una nuotata in solitaria, considera l’idea di indossare un braccialetto o una collana identificativa per far sapere agli altri della tua condizione.
Con la giusta preparazione, puoi goderti il nuoto e gli sport acquatici come chiunque altro. Consulta sempre il tuo medico diabetologo per consigli personalizzati sulla gestione del diabete in acqua e su come adeguare la tua terapia. Inoltre, informati su come affrontare eventuali aumenti di chetoni, ipoglicemia o altre complicazioni che potrebbero sorgere.
L’attività fisica è una parte essenziale di uno stile di vita sano per tutti, compresi coloro che convivono con il diabete di tipo 1. Se hai il diabete, in generale puoi praticare qualsiasi sport, incluso il nuoto, con le giuste precauzioni. Quando nuoti, il tuo metabolismo del glucosio si adatta al fabbisogno energetico, quindi potresti dover monitorare la glicemia più frequentemente e chiedere al tuo medico come modificare la terapia e i tempi dei pasti.
Goditi l’estate al massimo, approfittando della bellezza del nuoto, che sia per divertimento o come parte del tuo programma di attività fisica, specialmente durante i periodi più caldi.

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