Il legame tra sonno, cibo e diabete di tipo 1

Il legame tra sonno, cibo e diabetedi tipo 1

Immaginate il vostro ristorante preferito: di giorno è un luogo vivace e movimentato, ma dopo l’orario di chiusura il personale inizia a rimettere a posto il locale per prepararsi al giorno successivo.

Potremmo usare questa analogia per descrivere ciò che accade al nostro corpo.

Di giorno, il nostro organismo è completamente impegnato a tenerci in movimento e occupati nelle nostre attività.

Di notte, quando dormiamo, il corpo si “ferma”. Il sonno offre la possibilità di riposare e svolge un ruolo fondamentale nel ricalibrare i vari ormoni che ci aiutano a mantenerci in buona salute.

Dormire una notte di sonno ristoratore è una pratica spesso sottovalutata, ma estremamente utile per condurre uno stile di vita sano, e ancora di più per chi soffre di diabete di tipo 1.

Mancanza di sonno e sovralimentazione

Gli effetti della mancanza di sonno e dell’assunzione eccessiva di cibi poco salutari, con conseguente aumento del peso corporeo, sono strettamente legati. Questo problema può riguardare chiunque, a prescindere dal fatto di avere o meno il diabete di tipo 1.

Due ormoni fondamentali che vengono regolati durante il sonno sono la leptina e la grelina. La leptina è responsabile della sazietà (il meccanismo che ci fa sentire pieni dopo aver mangiato), mentre la grelina stimola la fame. Se una persona è privata del sonno, il livello di grelina aumenta e la leptina diminuisce, spiegando perché chi dorme poco tende a mangiare di più.

La mancanza di sonno può anche farci sentire stanchi e “in letargo”, inducendoci a cercare cibi ad alto contenuto energetico, come dolci, torte e cibi fritti. Inoltre, è stato dimostrato che la privazione del sonno altera la nostra percezione del cibo, facendolo sembrare come una ricompensa positiva, il che aumenta il rischio di mangiare troppo.

Cattive abitudini di sonno ed effetti sulla glicemia

Per chi ha il diabete di tipo 1, dormire adeguatamente è essenziale per mantenere sotto controllo la glicemia. Infatti, le cattive abitudini del sonno sono collegate ad un aumento dei livelli di glucosio nel sangue, in quanto il sonno influenza l’insulina, il cortisolo (un ormone dello stress) e lo stress ossidativo (uno squilibrio tra radicali liberi e antiossidanti che può danneggiare i tessuti nel lungo periodo). La mancanza di sonno potrebbe anche contribuire all’aumento dell’insulino-resistenza (la ridotta capacità delle cellule di utilizzare l’insulina, che porta a necessitare di più insulina per gestire i livelli di glucosio nel sangue).

Diabete di tipo 1 e sonno instabile

Oltre a praticare abitudini di sonno errate, come andare a letto tardi o dormire fino a tardi, altri fattori possono causare sonno disturbato nelle persone con diabete di tipo 1. Questi includono:

  • Ipoglicemia: La paura di un’ipoglicemia notturna può interferire con il sonno, portando a svegliarsi con sudori freddi o incubi.

  • Iperglicemia: L’aumento dei livelli di glucosio può causare minzioni frequenti durante la notte, sensazione di calore, disagio o irritabilità, e preoccupazione che il diabete possa disturbare il sonno.

Consigli per dormire bene

Non esistono linee guida specifiche per la gestione del sonno per le persone con diabete di tipo 1, ma seguire alcuni accorgimenti può favorire un sonno ristoratore:

  1. Evitare pasti pesanti la sera: Preferire pasti leggeri, limitando cibi ricchi di grassi e carboidrati. Scegliere porzioni più piccole con meno grassi e carboidrati (es. insalata di pollo alla griglia anziché un grande hamburger).

  2. Consumare pasti bilanciati: Evitare cibi ad alto contenuto calorico, grassi saturi e zuccheri, che possono disturbare il sonno.

  3. Fissare un orario per la cena: Consumare l’ultimo pasto 3-4 ore prima di andare a letto.

  4. Evitare bevande gassate: Il gas delle bibite gassate può causare gonfiore e disagio; preferire acqua.

  5. Movimento delicato: Fare stretching o una camminata leggera dopo i pasti per aiutare la digestione.

  6. Creare un ambiente favorevole al sonno: Abbassare le luci, ridurre il rumore e mantenere la stanza fresca.

  7. Fare esercizio fisico durante il giorno: Favorisce il sonno notturno, ma evitare esercizi ad alta intensità a tarda ora.

  8. Tenere un diario del sonno: Stabilire un programma regolare di sonno.

  9. Evitare caffeina e nicotina prima di andare a letto.

  10. Consultare il team diabetologico: Se il sonno continua a essere problematico, chiedere supporto per trovare una soluzione personalizzata.

Riflessioni finali

È comprensibile che i ritmi frenetici della vita quotidiana non sempre permettano di dormire abbastanza.

Tuttavia, è importante cercare di garantire al nostro corpo e alla nostra mente 7-8 ore di sonno per affrontare al meglio la giornata.

Per chi ha il diabete di tipo 1, un sonno adeguato e il riposo sono essenziali per mantenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue e migliorare la qualità della vita.

La colazione per il paziente diabetico

Quanto conta la colazione per un malato diabetico?

La colazione per un malato diabetico è fondamentale per iniziare la giornata, ma bisogna sempre tenere presenti certi aspetti  nella propria alimentazione.

La buona regola per un malato diabetico è fare una colazione abbondante, pranzare moderatamente e cenare leggero, questo è un buon consiglio per iniziare a comprendere l’importanza della colazione soprattutto nelle persone che hanno il diabete.

La colazione è il momento più importante e cruciale di tutta la vostra giornata, se impostata correttamente vi aiuterà sicuramente anche nella gestione della vostra glicemia durante il resto della giornata.

Quali cibi è corretto assumere a colazione?.

A colazione è necessario assumere dei cibi che possano garantire un equilibrio glicemico ottimale che portino benefici durnate il resto della giornata, come gli alimenti contenenti le proteine.

Vediamo alcuni spunti:

Ottimi sono i bianchi d’uovo (albumi), ancora meglio l’uovo intero, oppure la carne magra, lo yogurt magro e/o greco, il latte, le noci, i fagioli, i formaggi e come frutta l’avocado.

Si possono  utilizzare i cereali integrali, ad esempio la farina d’avena o fiocchi d’avena.

Questa soluzione è ottimale perchè le fibre forniscono un equilibrio dei livelli di glucosio nel sangue e di energia.

Vengono in aiuto e sono utili alla causa anche le verdure che contengono molte fibre ed alcune proteine.

Ecco qualche spunto per la colazione ideale:

  • Coppette di yogurt e frutta
  • Crepes di albumi
  • Colazione in barattolo
  • Cheesecake ai frutti di bosco
  • Cheesecake in barattolo
  • Pancake alla banana

Per il paziente diabetico è sconsigliata di saltare la prima colazione, la fame può stimolare il fegato nel rilasciare più glucosio nel sangue, senza poi contare che la fame può farsi sentire a mezza mattina e quindi ci può venire voglia di portare a consumare del cibo che alla fine può risultare non sempre salutare.

E’ una buona abitudine alzarsi dal  letto con anticipo, dedicando così più tempo e spazio alla propria colazione.

Altra soluzione possono essere i frullati che sono una buona fonte di proteine, energia e ricche di fibre.

Teniamo in considerazione che i frullati si possono preparare in anticipo  e conservati tranquillamente in frigorifero, anche se per molti preferiscono prepararli al momento per essere più appetibili.

In conclusione possiamo affermare che eseguire una corretta colazione è importante soprattutto nella scelta dei cibi, in pratica aumentare le proteine a colazione previene i picchi di zucchero nel sangue al termine dei pasti.

Celiachia e diabete di tipo 1: situazione attuale e consigli nutrizionali

Il Dr. Danilo Cariolo risponde ad alcune domande sul rapporto tra diabete e celiachia.

Perché esiste una correlazione tra diabete e celiachia?

Innanzitutto, è importante precisare che la correlazione riguarda il diabete di tipo 1 e la celiachia, mentre, ad oggi, non sono state trovate connessioni tra celiachia e diabete di tipo 2.

Il motivo di questa correlazione non è ancora completamente chiarito, ma classificando entrambe le patologie come malattie autoimmuni, si ipotizza che la loro comparsa simultanea sia il risultato di un’interazione tra fattori genetici e ambientali, come infezioni virali o il precoce inserimento di alcuni alimenti nella dieta.

Quando entrambe le malattie si presentano contemporaneamente, si parla di Sindromi Plurighiandolari Autoimmuni (SPA). Una recente revisione suggerisce che esista una base genetica comune che aumenta il rischio di sviluppare entrambe le patologie, con alterazioni nel profilo immunitario. Inoltre, ci sono segnali che alcune infezioni da enterovirus o un microbiota intestinale alterato (disbiosi) possano essere ulteriori fattori di rischio. Si tratta di meccanismi molecolari complessi che sono ancora in fase di studio.

Qual è la prevalenza di questa correlazione?

Studi epidemiologici recenti indicano che la celiachia è presente nell’1,4%–10% dei soggetti affetti da diabete di tipo 1, con punte che arrivano fino al 25,5% a seconda dello studio.

Nella popolazione generale, la contemporanea presenza di entrambe le patologie varia dal 4% al 6,5%, con picchi anche superiori. È probabile che queste percentuali aumentino negli anni grazie ai miglioramenti nelle tecniche di diagnosi e screening. La celiachia, inizialmente considerata una malattia rara, è diventata una delle patologie genetiche più frequenti in Italia, secondo i dati del Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità.

Le persone con diabete di tipo 1 devono sempre fare il test per la celiachia?

Chi ha il diabete di tipo 1 dovrebbe sempre confrontarsi con il proprio medico, ma l’Associazione Italiana Celiachia raccomanda di fare il test per la celiachia a tutti i pazienti con diabete di tipo 1.

L’ideale sarebbe eseguire il test all’esordio del diabete e, in caso di esito negativo, ripeterlo se compaiono sintomi di celiachia. Il problema si presenta con la celiachia silente, in cui la malattia è asintomatica. In questo caso, la raccomandazione è di fare il test annualmente per i primi 4 anni dalla diagnosi di diabete e ogni due anni nei successivi 6 anni.

Inoltre, l’Associazione consiglia il test anche ai familiari di primo grado di chi soffre di diabete di tipo 1, soprattutto se il soggetto ha anche un’altra malattia autoimmune.

Alcuni alimenti sono fattori di rischio per queste malattie. Quali sono?

Gli studi si sono concentrati sull’effetto del latte e dei cibi contenenti glutine. Le proteine del latte vaccino, se introdotte prima del 3°-4° mese di vita, possono agire come “innesco” per il processo autoimmune. Infatti, nel siero del 40%-80% dei pazienti con diabete di tipo 1 si trovano anticorpi contro le proteine del latte vaccino.

Per quanto riguarda il glutine, ci sono pareri discordanti. Alcuni scienziati ipotizzano che il glutine possa scatenare una risposta autoimmunitaria contro il pancreas, poiché gli anticorpi anti-pancreas, nei soggetti celiaci, tendono a scomparire con una dieta priva di glutine. Tuttavia, occorrono ulteriori studi per chiarire questo processo.

Altri studi indicano che i diabetici potrebbero sviluppare, nel tempo, anticorpi contro il glutine. Inoltre, il glutine potrebbe “nutrire” alcuni batteri del microbiota intestinale, alterando l’eubiosi intestinale e aumentando il rischio di manifestazioni sintomatiche.

Qual è il ruolo della dieta priva di glutine nei pazienti con diabete di tipo 1?

Non esistono risposte definitive a questa domanda. Gli studi disponibili sono limitati, non controllati e spesso condotti su bambini, il che solleva dubbi riguardo alla sua applicabilità agli adulti.

Il controllo metabolico è uno dei fattori più importanti nella gestione del diabete. Sebbene non ci siano evidenze che dimostrino che una dieta senza glutine influisca sul controllo metabolico, ci sono alcuni studi che suggeriscono che potrebbe migliorare la risposta glicemica e prevenire l’insorgenza di altre malattie autoimmuni.

Cosa devono fare i pazienti con entrambe le patologie a tavola?

Vista la complessità del quadro, è difficile fornire indicazioni generali. Entrambe le malattie richiedono cambiamenti significativi nell’alimentazione e nello stile di vita, con possibili impatti psicologici. È fondamentale evitare approcci fai-da-te e affidarsi a specialisti per un supporto multidisciplinare, in modo da valutare al meglio i rischi e i benefici di ogni decisione terapeutica.

In caso di celiachia asintomatica, non è necessario eliminare arbitrariamente il glutine, in quanto potrebbe non apportare benefici al controllo glicemico e potrebbe compromettere la qualità della vita a causa delle restrizioni alimentari. È importante anche non ridurre drasticamente i carboidrati, poiché questo potrebbe comportare un eccesso di grassi e proteine, soprattutto animali.

Infine, una dieta mediterranea ricca di alimenti integrali, vegetali e stagionali è generalmente raccomandata. In presenza di celiachia sintomatica o con compromissione dei villi intestinali, invece, una dieta priva di glutine diventa cruciale.

Quali sono i rischi di una dieta senza glutine mal gestita nei diabetici?

Una dieta senza glutine mal gestita può avere impatti psicologici notevoli, aumentando la frustrazione e complicando l’aderenza alla terapia per il diabete. Questo potrebbe compromettere il controllo glicemico e, più in generale, quello metabolico.

Inoltre, alcuni alimenti senza glutine hanno un indice glicemico più alto rispetto ai loro equivalenti con glutine, rischiando di compromettere il controllo della glicemia. Alcuni esempi includono la farina di riso, le gallette di riso e la fecola di patate. È fondamentale prestare attenzione alle etichette e monitorare il controllo metabolico nel tempo.

Molti prodotti senza glutine possono risultare più calorici e contenere più grassi saturi, anche se la quantità totale di grassi è simile. Per evitare questo, è importante scegliere alimenti senza glutine naturali, come riso, quinoa e grano saraceno, e limitare i prodotti industriali.

Per gestire al meglio la dieta, è sempre consigliato rivolgersi a un professionista che possa supportare il paziente nella scelta di un piano nutrizionale adeguato.

L’insulina scoperta di oltre 100 anni

Frederick Grant Banting, il pioniere del diabete

Il 14 novembre 1891 nasce ad Alliston, in Ontario, CanadaFrederick Grant Banting, l’uomo cui si deve la nascita della diabetologia moderna di oggi.

Fu proprio la sua data di nascita ad ispirare la famosa Giornata Mondiale del Diabete che celebriamo regolarmente il 14 novembre di ogni anno.

Nel lontano novembre del 1920 Banting chiese una udienza al prof. John James Rickard Macleod, famoso luminare dell’Università di Toronto, Canada, per poter ottenere aiuto per le sue ricerche sull’estratto di pancreas.

Sempre Banting ottenne il 31 luglio 1921, insieme l’aiutante concessogli da Mcleod, un certo Charles H. Best, somministrò a un povero cane, cui era stato tolto il proprio pancreas per renderlo diabetico, l’estratto pancreatico di un altro cane sano.

Nella data 11 gennaio 1922 Banting fornì alll’allora giovane dott. Walter R. Campbell, il preparato finale da inoculare nella persona del quattordicenne Leonard Thompson, che sarebbe passato poi a sua malgrado passato alla storia come il primo paziente con diabete curato con il nuovo farmaco, che poi venne chiamato: insulina.

Questa è la reale storia dell’insulina, ossia l’ormone salvavita, il cui sviluppo ha modificato il corso del diabete tipo 1, fino ad oggi è considerata una malattia da debellare, dove ogni diabetico deve convivere cercando di condurre una vita con prospettive e di piena normalità.

Nel 2021, si è celebrato il centenario della sua scoperta, la cui storia si unisce a molte persone che fino a oggi ne hanno tratto beneficio. 

Nel tempo comunque molti medici con la loro dedizione dedicano il loro tempo alla cura del diabete e a prendersi cura di tutti i pazienti che hanno contratto questa malattia.

Il futuro dopo l’insulina

La storia della insulina, non è affatto terminata, va avanti, è in continua evoluzione, già ora cambia in meglio la vita dei diabetici, che sono sicuramente già pronti per scrivere nuovamente il fuuro per poi divenire storia.

L’insulina al giorno d’oggi non modifica solo la vita dei pazienti affetti dal diabete di tipo 1 e di tipo 2, perché abbiamo già delle soluzioni che mutano la storia naturale del diabete anche per questi pazienti.

Il diabetolo dei giorni nostri deve sapere fare di tutto nel quotidiano per non rendere banale ciò che combatte, si richiedono delle grandi competenze, delle grandi conoscenze, una grande scienza e la maturazione di una grande esperienza, questi aspetti devono essere valorizzati sempre da tutti, senza perderli di vista.

Diabete e cecità come evitarli

La retinopatia diabetica come evitarla

Una delle tante conseguenze che porta la malattia del diabete, è la retinopatia diabetica che è causata da un eccesso di zuccheri nel sangue, è una complicazione che colpisce solitamente entrambi gli occhi e si manifesta inizialmente con vista offuscata e/o ridotta, macchie o fili che gallegiano davanti agli occhi con una difficoltà nel percepire i colori.

Le forme di diabete che conducono a questa importante patologia sono due: il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2.

Le conseguenze come sesso accade possono essere di varia varia e possono provocare dei danni gravi alla vista.

«L’occhio e un organo che sicuramente è coinvolto nella malattia del diabete che può indurre al danneggiamento dei piccoli vasi che irrorano gli organi della vista.

Si possono presentare dei disturbi, ad esempio delle emorragie o microaneurismi a neovascolarizzazioni anomale e a edema maculare.

Non sottovalutiamo il problema, queste alterazioni, se non trattate precocemente e adeguatamente, possono in effetti condurre alla cecità. Risulta quindi fondamentale sottoporsi con regolarità a controlli dei livelli di glicemia, cioè di zuccheri presenti nel sangue.

Consigliamo a chi soffre di diabete di sottoporsi periodicamente all’esame del fondo oculare e, quando indicato, a esami strumentali come la tomografia a coerenza ottica e la fluorangiografia.

L’intervento precoce è fondamentale affichè si eviti la compromissione della vista, si può effettuare attraverso il  laser retinico, alcune iniezioni intravitreali o, se proprio necessario, interventi chirurgici».

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